Scritti

Pace, amore ed ecologia

6 dic 2020

Parliamo di ambiente,

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Pace, amore ed ecologia

l'Adige, 29 settembre 2019

“Ci state scaldando le birre!”. D’accordo, un punto di vista un po’ particolare, burlesco, anomalo. Ma quanti cartelli e striscioni anomali abbiamo visto sfilare in questa edizione trentina dei Venerdì per il futuro. Creatività, freschezza, umorismo. Un successo straordinario, nonostante i cosiddetti rosiconi, di varia estrazione, deridano, avvertano, cavillino e paternalisticamente prevedano precoci sgonfiori. “Mummie” vengono definiti su un poster ambulante i detrattori del movimento. Noi li chiamavamo matusa (abbreviazione del vecchio, eterno Matusalemme), la sostanza non cambia.

Il ritornello “ai miei tempi” è diventato quasi un luogo comune tra chi, magari proprio a Trento “ha fatto” o ha contrastato il Sessantotto. Con accuse un po’ livorose, direi quasi invidiose nei confronti di questi giovani ambientalisti tacciati di superficialità, banalità, ingenuità, eccetera. Addirittura di volgarità. Eh, no. Se è vero che un paio di cartelli – ma due su mille! - erano sopra le righe, o per meglio dire sotto, di una goliardia cretina che non vale neppure la pena ricordare, sono stati invece sorprendenti l’intelligenza e lo spirito con cui i giovani manifestanti hanno personalizzato i loro slogan. E qui mi preme osservare un fenomeno interessante, a proposito di personalizzazione: l’irruzione della dimensione fisica nella sfera ideale e politica, una fisicità che denota la partecipazione alla causa dell’ecologia, appunto, anima e corpo. Mi spiego. Anzi, leggo il cartello di una giovane (in inglese) “Vorrei che i problemi ambientali fossero piccoli come le mie tette (boobs)”. E un’altra che sfila con i capelli rossi: “Destroy my ass, not the Planet (distruggete il mio culo non il Pianeta)”. Un po’ enigmatica.

Questa prospettiva di adesione totale e in prima persona, con la propria presenza, le proprie urgenze e le proprie emozioni (certo anche contraddittorie, ma quale movimento non ha mai avuto interne contraddizioni?) apre inevitabilmente uno scenario amoroso e sessuale hot, bollente. Dove la temibile crescita della temperatura terrestre a causa del riscaldamento globale è metafora contrapposta a una sorta di febbre della passione fisica, considerata invece del tutto positiva. Sicché leggiamo, per esempio: “Fate l’amore, non la plastica”, e “Meno estate più patate”. Qualcuno a Roma ha storto il naso, in contemporanea, di fronte alla fotografia di un giovane manifestante che ha tratteggiato, devo dire artisticamente, una silhouette femminile con il pelo pubico verde, accompagnando il disegno con la frase “L’unico bosco che vorrei infiammare”. Apriti cielo, sentenze moraliste, irrigidimenti (di altro tipo), ostracismo politico, accuse di maschilismo. E invece bisogna capire che quel cartello non è sbagliato, è una “cosa” bella. Per normale par condicio, a Trento una ragazza ha esposto il suo slogan così concepito: “Il clima è più caldo del mio migliore amico”, e un’altra: “This Planet is getting hotter than young Leo DiCaprio”, questo pianeta sta diventando più caldo di Leo DiCaprio da giovane. Da giovane, si badi bene, quando l’attore era un sex symbol per le adolescenti. E se vogliamo ancora, per finire, più divertitamente la ragazzina a braccia tese, in piazza Duomo: “This girl is on fire”.

Cosa vuole dire questo? Che quando sputiamo sentenze, dall’alto del nostro percorso di grande impegno, del nostro maturo buon gusto, del nostro senso di opportunità e di correttezza politica, siamo fuori. E siamo vecchi. E’ sempre stato facile criticare il giovanilismo di chi, novello Peter Pan, vorrebbe essere e/o sembrare giovane, ma anagraficamente non lo è più. A mio avviso richiede una giusta riflessione l’esistenza della sindrome opposta, il vecchismo. Di quelli che hanno già visto e fatto tutto, di quelli che “ai miei tempi”, o che non vedono l’ora di invecchiare perché credono di guadagnare credito e saggezza con l’avanzare dell’età. Non è detto, cari miei. Spesso invece, con l’età traballa la memoria. Al punto che non ci ricordiamo dei “Make love not war” e di quanto sia stato figo John Lennon nel 1969 a rilasciare un’intervista sulla pace e sulla guerra, mentre era a letto con Yoko Ono.

Verrà forse il tempo di una maggiore politicizzazione, con pentimenti e pervertimenti dello spirito dei Venerdì. Forse, ma forse no, sullo spontaneismo prevarrà una logica di rappresentanza. Ma intanto grazie ragazze, forza ragazzi. Non c’è nessuna incompatibilità tra pacifismo, ecologia e amore.

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