Scritti

Lasciamo parlare la nostra pelle. Anche le rughe.

6 dic 2020
Scritti

Lasciamo parlare la nostra pelle. Anche le rughe.

l'Adige, 20 agosto 2020

Agosto è il mese della pelle, della sua scoperta. La pelle è la nostra superficie individuale, la prima carta di identità naturale, dove stanno scritti la salute, il passato e molti momenti della nostra storia. Peli, offese, cicatrici, nei, voglie, graffi, efelidi, eczemi, rugosità. Oggi, sempre più, anche tatuaggi che lanciano interessanti messaggi. Nel linguaggio figurato, il tessuto cutaneo che ci avvolge corrisponde alla vita stessa; se è vero che abbiamo amici per la pelle, che non vorremmo mai lasciarci la pelle, che quando desideriamo tantissimo qualcosa non stiamo nella pelle.
Impermeabile, elastica, in continua rigenerazione, sottilissima sulle palpebre, più coriacea sul palmo delle mani, la pelle è il nostro scudo delicato. Nel libro pubblicato dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina intitolato Sulla pelle del villano, Emanuela Renzetti e Rodolfo Taiani ricordavano vecchi rimedi, nella tradizione popolare trentina, per la manutenzione di una pelle sana: impacchi di camomilla, decotto di agrifoglio per il lavaggio degli eczemi, infuso di fiordaliso per detergere pelli delicate, macerato di genziana per le pelli grasse. Accorgimenti e cure che risalgono a un'epoca in cui non esistevano creme idratanti e oli abbronzanti. Una cultura alpina preindustriale che tra i modi di dire annoverava l' "essere una pelle": l'è na pèl si diceva, infatti, di qualcuno particolarmente scaltro, audace e navigato.
La pelle è una dichiarazione sociale. Un tempo si abbronzavano soltanto i lavoratori che zappavano i campi sotto il sole, mentre i benestanti erano ben contenti e fieri della loro pelle pallida. Tanto che sotto l'epidermide sottile e perlacea degli aristocratici s'intravvedeva il cosiddetto "sangue blu", cioè il reticolo venoso. La pelle scurita dal sole diventerà, viceversa, simbolo d'agio e privilegio d'ozio molto tardi, a partire dagli anni Venti del secolo scorso.
Finalmente, in estate la pelle si mostra. Salvo precetti restrittivi di tipo religioso o morale, ma anche per ragioni personali di stile. Nella storia del costume (nella consuetudine, non soltanto nella storia del costume da bagno!) la convenienza sociale del corpo scoperto è altalenante, dipende dai contesti. Donne e uomini completamente nudi in una sauna finlandese sono la norma, sulla spiaggia di Torbole no. Quando esponiamo la pelle ai raggi ultravioletti emessi dal sole, com'è noto, si produce la vitamina D. Ma le motivazioni variano. Scoprire tutta, ma proprio tutta, la nostra pelle si fa per salutismo e naturismo (un tempo detto nudismo) ma talvolta anche per esibizionismo.
La pelle, c'è poco da fare, naturalmente invecchia. Ora è in corso una guerra a questo "male". Una guerra magica, combattuta con barattoli di creme protettive, lozioni di cellule staminali, unguenti alla placenta, acqua di rose, acido glucolico, tubetti di gel ialuronico, e via dicendo. La guerra all'invecchiamento è entrata nelle farmacie, che a suon di cartelloni, fuori e dentro le vetrine, strillano via le macchie! Promettono eterna giovinezza, occhiaie attenuate e la riduzione delle "zampe di gallina" intorno agli occhi dopo soli tre giorni. Vengono reclamizzate anche riparazioni notturne e miracolosi sieri anti-età, studiati per bloccare l'orologio biologico. Che se davvero esistessero e fossero efficaci avrebbero risolto uno dei maggiori problemi filosofici di quei vanesi di homo sapiens, beninteso maschi e femmine senza distinzione.
Antropologicamente, siamo scimmie nude, a rischio di disidratazione. Quando sento di avere la pelle secca, una buona crema per il viso la metto anch'io: non testata sugli animali, senza alcol, profumi, silicone, parabeni né altre sostanze nocive. Se però bisogna cospargersi di creme per correre ai ripari, quasi obbligatoriamente per essere presentabili, cioè per una questione di decoro sociale, è un'altra faccenda. Perché dover dimostrare di non essere "in là" con gli anni, in là dove poi? Forse in quella categoria di rugosi che hanno riso parecchio, occasionalmente anche pianto, sicuramente parlato e preso il sole, il vento e la pioggia in faccia. E ora, ahiloro, mostrano tracce delle loro colpevoli emozioni. Le rughe in viso non sono odiose né contagiose, averle è un diritto. Come disse l'attrice Anna Magnani a un truccatore, "Non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele!".

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