Scritti

Il gusto d'impennare la bici

17 mag 2022
Scritti

Il gusto d'impennare la bici

Il gusto di impennare la bici - per il settimanale Ticino7, 7 maggio 2022

Sono sessant’anni che disprezzo le biciclette che non si possono impennare. Cioè praticamente da quando avevo sei anni, quando ho imparato a pedalare. A cosa serve una bicicletta pesante, equilibrata, banalmente utile per spostarsi da un luogo all’altro, che non si impenna nemmeno se tiri il manubrio con tutte le tue forze? A cosa serve se la ruota davanti non si alza? Dico (quasi) subito che il discorso non vale per i motociclisti bulli. Quello è un altro paio di maniche, anzi di ruote, li considero pericolosi per loro stessi e per gli altri. Ma ragazzate ne abbiamo fatte tutti.
Per noi, da bambini, la bici non era solo un mezzo di trasporto, era un’estensione del corpo, una protesi incarnata. In sella facevamo merenda (con pane burro e marmellata), giocavamo a lanciare i temperini in corsa come piccoli Sioux da cavallo. Incastravamo listelli di balsa tra i raggi della ruota posteriore per simulare il rumore scoppiettante dei motorini che ancora non avevamo. Ci esercitavamo ad andare senza mani. Ci sfidavamo in gare di surplace: fermi in sella, afferrando con una mano la ruota anteriore e mantenendola ortogonale rispetto al telaio. Un esercizio di equilibrio statico un po’ da circo. E approposito di circo ovviamente uno dei giochi preferiti era provare a vedere quante persone potevano stare su una bicicletta prima di rovinare in strada, uno sopra l’altro. Anche sei o sette, be’, piccoli di statura.
Scrivo questi ricordi perché l’altro giorno, mentre ero fermo in automobile aspettando un semaforo verde, ho visto un ragazzino che spronava la bicicletta con energiche pedalate, per farla impennare. Invidia. Nostalgia. Un automobilista in coda accanto a me aveva in volto una smorfia di disapprovazione, una sorta di condanna morale per quell’exploit. Che io invece ho ammirato, e tanto di cappello. Quell’acrobazia mi ha fatto pensare non soltanto alla prima bici da cross portatami da Babbo Natale, che dio lo benedica, una felicità assoluta mai raggiunta prima e probabilmente neanche dopo. Ma mi ha fatto ragionare sulla cosa in sé. Voglio dire, in fondo, perché impennare la bicicletta? Che cosa significa? Destrezza, curiosità, coraggio, impresa eroica con i propri - limitati - mezzi. Il gusto di una trasgressione, sì, ma da virtuosi. Voi andate pure da bravi sulle due ruote, io posso fare miracoli, come Niccolò Paganini quando gli si spezzarono tre corde del violino durante un concerto. E portò a termine l’esecuzione, dicono, suonando su una corda sola.

Qui il testo con il box sui Delitti col biciclo di Lombroso Il-gusto-di-impennare-la-bici-Ticino7.pdf