Il diritto di migrare "perché gli va"

20 nov 2002

Il diritto di migrare "perché gli va"

l'Adige, 21 gennaio 2019

Dunque si può viaggiare, migrare, andarsene di casa solo se si hanno giustificati e approvati motivi? Ohibò. L’invettiva di Giorgia Meloni in Parlamento contro il Global compact for Migration dell’Onu, l’accordo intergovernativo dedicato alle migrazioni, sta trascinando una coda piuttosto divertente, negli ultimi giorni. E’ una coda “pop”, agitata dai cantanti Lorenzo Jovanotti ed Emma Marrone. Il caso, intitolato “Perché gli va”, è diventato addirittura un tormentone sulle reti sociali, a partire dal primo lancio da parte del programma Propaganda live del canale televisivo La7.

In poche parole, la parlamentare di Fratelli d’Italia si era scagliata contro il patto proposto dalle Nazioni Unite (firmato da 164 Paesi) poiché farebbe decadere ogni distinzione tra migranti che hanno motivazioni assai diverse tra loro, e che si spostano, appunto, per libera scelta. Peccato che l’emigrazione sia un diritto fondamentale dell’essere umano, qualunque sia la sua causa. Di più. Nel libro Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, Telmo Piovani e Valerio Calzolaio spiegano come gli umani migrino da due milioni di anni: fughe, ondate, ritorni, convivenze, sovrapposizioni tra flussi, naturalmente anche conflitti tra diverse specie umane (allora) e tra diverse culture (oggi) che ci hanno arricchiti e resi più evoluti. Nel mondo, in Italia, in Trentino.

Andarsene, perché va di andare. Certo, perché no, siamo forse ostaggi o prigionieri dei nostri Stati nazionali? Abbiamo forse un obbligo di residenza? Certamente esistono flussi forzati, coatti, in qualche modo necessari. Ma ire - andare - humanum est. Ferma restando, ovviamente, anche la tutela del diritto di rimanere nel proprio Paese.

Renzo Grosselli, il maggiore esperto di emigrazione trentina, su questo argomento è stato chiaro. Nel libro L’emigrazione dal Trentino. Dal Medioevo alla prima guerra mondiale, pubblicato per le edizioni del Museo degli Usi e dei Costumi della Gente Trentina di S. Michele all’Adige, Grosselli ritiene importante “riuscire a vedere quanto di liberatorio e di realizzante ci fu nella scelta di molti di andarsene, per poco o per sempre”, a prescindere dai drammi economici, politici, ambientali, vale a dire a prescindere dai diversi fattori push. E ci invita a svecchiare l’immagine stereotipata di una “poveraglia” trentina, angustiata dalla miseria, in viaggio verso Paesi dove le risorse “meglio si proporzionano ai bisogni degli abitanti” (come si legge nel giornale di Rovereto “Il Raccoglitore”, anno 1875). Certamente la precarietà esistenziale e molti drammi, a monte, premevano e spingevano, ma Grosselli parla anche di una “cultura della mobilità” che ha impregnato la vita delle nostre valli trentine, al punto da costituire parte della nostra storia e della nostra identità.

Mentre Jovanotti ed Emma cantano l’allegra parodia di un discorso politico, cioè quel “Perché gli va” riferito a chi va perché ha voglia di andare, e che ha tanto scandalizzato la Meloni, va ricordato un vecchio canto popolare italiano, diffuso dalla Lombardia alle Marche, che si intitola “Io vorrei”; è una canzone che figura anche nel repertorio di vari cori di montagna, tra cui quello della Società Alpinisti Tridentini (SAT). Eccone una strofa: "Io vorrei che nella luna/Ci si andasse col vapore/Per poter fare all’amore/Con le donne di lassù.  

Un po’ curiosa, si potrebbe obiettare, questa fantasia d’amore extraterrestre. E infatti c’è poi la risposta di una lei, fidanzata dell’aspirante astronauta fedifrago, che comprensibilmente non gradisce affatto quella fantasia di evasione. Ma aldilà delle motivazioni, in questo caso  erotiche, mi paiono significativi l’anelito, il trasporto, il desiderio di avventura che vengono espressi. Nell’antropologia della mobilità non c’è posto per un tribunale che stabilisca graduatorie di merito. Chi ha detto che possano o che debbano viaggiare soltanto i disperati?

 scarica l'articolo in Pdf